LIBER PICTUS
Angela Sanna
L'officina libraria di Enrico Baj
Le incursioni di Enrico Baj nel mondo della poesia e della letteratura sono all’origine di un insieme di libri pregiati che hanno occupato l’artista lungo tutta la sua carriera. Autore prolifico di manifesti, saggi e articoli, intellettuale erudito corteggiato da case editrici, testate giornalistiche, riviste d’avanguardia e periodici di cultura, Baj si applica a scritti e libri d’artista fin da giovane. Dagli esordi pittorici nella Milano postbellica fino all’ultima stagione all’alba del XXI secolo, l’artista coltiva questa passione giungendo a un corpus eterogeneo che dalle edizioni più composite ed estrose giunge a formule semplici e lineari. Scultore, pittore, collagista, incisore, polemista, organizzatore di mostre e altre mille varianti, Baj ha condotto quest’attività sia in autonomia sia, soprattutto, in collaborazione con amici scrittori, letterati e poeti.
Le prime mosse di Baj nella direzione dell’illustrazione poetica risalgono ai primi anni cinquanta, periodo nel quale, da artista ancora in erba, lanciava il Movimento Arte Nucleare insieme all’amico e collega Sergio Dangelo. Sensibili alle tendenze informali, materiche e gestuali del momento, i due “nucleari” inseguono una ricerca espressiva sperimentale, di respiro internazionale, incentrata sulla realtà, allora incombente, della bomba atomica. Baj, in modo particolare, interpreta tale realtà con una pittura composta da sgocciolature, macchie, deflagrazioni, forme embrionali e atmosfere fuligginose che alludono tanto alla morte e alla distruzione quanto alla rinascita.
Classici e nucleari
E’ in tale contesto che si inserisce il primo grande libro d’artista di Baj, da lui stesso considerato una pietra miliare del suo percorso: il De Rerum Natura. Pubblicato nel 1958, il libro consta di trentasei grafiche realizzate tra il 1952 e il 1953, un arco di tempo durante il quale l’artista, in parallelo con la pittura nucleare, ritrova l’insegnamento dei classici, già acquisito negli anni del liceo. Riscopre così le teorie lucreziane sulla conformazione atomistica e sul clinamen, aprendosi contemporaneamente a un elemento che ritroverà negli anni a venire attraverso la ‘Patafisica e la lettura di Alfred Jarry, nel cui Docteur Faustroll il clinamen si fa oggetto di investigazioni scientifiche.
Il De Rerum Natura, che secondo il critico d’arte Edouard Jaguer, amico e collaboratore di Baj, poteva figurare “aux côtés des plus belles productions d’Ambroise Vollard...”, offre più soluzioni sul piano stilistico e iconografico. Vari disegni di ambientazione bucolica seguono un registro «neo-classico» dato dalla semplicità del tratto, dalla monumentalità dei corpi e dall’essenzialità descrittiva. Altrove, a questo ductus si sostituisce una carica più espressionista, di gusto tachiste e gestuale, dove soggiace, per citare ancora Jaguer, una vis polemica brutale, avversa al buon gusto e all’arte borghese. In questa direzione procedono anche le incisioni evocate da un altro critico e poeta, vicino a Baj e al movimento nucleare, Beniamino Dal Fabbro, nei cui commenti al De Rerum Natura egli sottolinea la presenza di archetipi primordiali, semafori cosmogonici, teste solari e insetti lunari sullo sfondo di una “Arcadia bruciata, calcinosa”.
Se il poema di Lucrezio rappresenta l’opera classica più impegnativa di Baj, altre sue edizioni di argomento antico appaiono, al contrario, essenziali e di poche pagine. Pensiamo alla Descrizione di Orfeo, del 1954, scritto dallo stesso Dal Fabbro, dove lirismo e naturalismo alludono all’eroe mitico tra suggestioni letterarie antiche e moderne. Baj, dal canto suo, illustra il testo con un paio di acqueforti di cui la prima, riprodotta in frontespizio, raffigura un nudo femminile sdraiato sull’erba mentre la seconda, inserita nel corpo del libro, riprende un flautista al cospetto di un fauno. Nelle due immagini, derivate dal De Rerum natura, Baj ripropone l’atmosfera serena e pacata del contesto naturale ricorrendo alle forme essenziali già utilizzate in precedenza. Nuovi soggetti classici ricompariranno nella produzione libraria di Baj anche successivamente, tra l’altro all’indomani dell’esperienza nucleare, quando l’artista si dedicherà con intensità alla creazione di collage polimaterici mordaci, ironici, ribelli. In questa fase, le opere estrapolate dalla letteratura antica saranno gli Epigrammi di Marziale, del 1967, e Imperatores romani, del 1972. Nel primo, l’artista riprende la chiarezza disegnativa delle prove antecedenti conferendo però alle sue acqueforti uno sfondo tachiste, quasi informale. Il secondo sarà ugualmente improntato alla figurazione ma nell’ottica di una tendenza parodistica, e a tratti volutamente naïve, che si mostra affine alle pitture e ai collage, densi di humour, realizzati in quegli anni.
Da Edouard Jaguer al Surrealismo
A partire dalla seconda metà degli anni cinquanta, Baj si muoverà anche su un altro binario, totalmente diverso dal precedente, al quale lo condurrà la vicinanza con il milieu surrealista francese. Di grande intensità creativa, questa nuova stagione nascerà grazie all’incontro, nel 1954, del citato Edouard Jaguer, fondatore, in quello stesso anno, del movimento e rivista Phases. Fedelissimo al Surrealismo, nella cui eredità poetica costruirà una rete immensa di arte e poesia incline all’automatismo e all’immaginario, Jaguer troverà nella pittura dell’artista lombardo quella schiettezza ironica, dissacrante e polemica che alimentava anche tanta parte del movimento Phases. Legato a Baj da una stima profonda, peraltro ricambiata, Jaguer gli dedicherà, nel 1956, la sua prima importante monografia, edita da Schettini. Molto più di una semplice edizione a colori, il libro presenta un ricco apparato di tavole policrome e quattro litografie dove sono riprodotte forme nucleari e collage polimaterici. Un libro che Jaguer, pienamente soddisfatto del risultato, definirà con esultanza « fantastique-fastueux-bellissime (…), le fruit gonflé de sève multicolore de la collaboration Baj-Jaguer, le livre mythique dont chacun guettait la parution d’un œil hagard, ce monument délirant et magnifique en un mot (...) Joie, joie et joie! »
Questo significativo traguardo rappresenta per l’artista il primo capitolo di una cooperazione che ben presto vedrà coinvolti, oltre a Jaguer, molti protagonisti della scena surrealista del secondo dopoguerra. Lunghi soggiorni a Parigi lo porteranno a frequentare artisti e letterati come André Breton, André Pieyre de Mandiargues Raymond Queneau, Marcel Duchamp, Octavio Paz, Joyce Mansour, Jean-Clarence Lambert, José Pierre, Edouard Mesens, Max Ernst, Jean-Jacques Lebel e molti altri. Tali rapporti, fondati sulla condivisione di valori come l’anticonformismo, la libertà espressiva, l’ironia e la critica sociale, produrranno importanti libri, corrispondenze, prefazioni, esposizioni.
La prima collaborazione editoriale che attesta di questi scambi è il libro Dames et généraux, nel quale sono riunite dieci acqueforti di Baj, altrettanti poemi di Benjamin Péret, uno scritto di André Breton sull’artista e un faux-titre di Marcel Duchamp. Le “dame” e i “generali”, figure centrali dell’opera, si erano imposti nell’iconografia di Baj fin dalla seconda metà degli anni cinquanta. Caustici, drammatici, grotteschi ed estremamente espressivi, questi personaggi sono l’emblema dell’opposizione all’autoritarismo, al militarismo e alla corsa al potere. Per questa loro connotazione essi attirarono l’attenzione di Breton, lui stesso profondamente avverso a ogni forma di fanatismo e di asservimento. Così anche Benjamin Péret - scomparso qualche anno prima della pubblicazione in questione – di cui si ricorderanno, oltre all’opera poetica, l’impegno di combattente trotzkista e le posizioni anarchiche, condivise dallo stesso Baj. Alle convergenze ideali tra l’artista e Péret accennerà anche Breton nel suo saggio, evocando con sarcasmo gli “avatar” del generale in alta uniforme, “ce qu’inoubliablement Péret a traduit par “gros doré en pleine misère”». Nel suo scritto, Breton commenta altresì l’alter ego muliebre di questi personaggi – “la compagne du général”- la cui natura femminile lo induce però, a differenza dei “generali”, a sentimenti di maggiore indulgenza che lo rimandano ancora una volta alla poesia di Péret.
I “generali” di Baj furono acclamati, complessivamente, da tutto l’entourage surrealista a lui vicino, stimolando la complicità di altri autori dichiaratamente anti-militaristi. Tra questi si distingue il poeta francese André Pieyre de Mandiargues, collaboratore e amico di Baj fin dalla fine degli anni cinquanta. Grazie alla loro cooperazione nascerà, nel 1965, il libro Larmes de généraux,composto dal testo I generali di De Mandiargues - una requisitoria violenta e corrosiva - e da sette litografie di Baj nelle quali i protagonisti, adorni di medaglie, si manifestano urlanti, patetici e lacrimosi.
Pochi anni dopo, nel 1967, i due amici porteranno a compimento un altro lavoro, di particolare rilevanza, che si orienterà su argomenti di tutt’altro genere: Les incongruités monumentales. Definito da Jaguer «une des réussites les plus remarquables qui aient existé dans ce domaine depuis plusieurs années», Les incongruités monumentales raccolgono un assortimento di immagini giocose, estrose e punteggiate di oggetti en tout genre quali ad esempio strumenti di fonderia, ambigue passamanerie, allegre zuppiere e buffi arnesi idraulici. Anche il testo di de Mandiargues sfoggia un piccolo ensemble di fantasticherie che ne fa una raccolta di « courts poèmes qui tous également décrivent des monuments, des objets, des faits, ou des rites imaginaires, bizarres, vaguement choquants ».In accordo con il famoso editore Michel Cassé, come rammenterà più tardi l’artista, “l’opera decorativa e illustrativa fu amalgamata completamente al testo, per il quale disegnai anche parecchi capilettera. Ne venne un libro organico che ritengo sia tra le mie migliori opere di illustrazione poetica.”[...]