CARPE LIBRUM!
Roberta Cerini Baj
Vivo sola in una grande casa che nel tempo si è svuotata di persone e riempita di cose, inevitabile conseguenza dell’accumulo che nel corso della vita ci sommerge, fermo restando che il naufragio non è privo di dolcezza.
I quadri alle pareti, non solo quelli di Baj, sono presenze quotidiane, ce ne sono di aggressivi, di giocosi, di ironici, di appariscenti, di delicati, a un primo sguardo dicono già molto della propria natura; poi si può andare più a fondo, ma questa è un’altra storia.
Invece i libri (d’artista, si intende) sono riservati, se ne stanno nelle loro belle custodie, sparsi tra gli scaffali dello studio, le librerie di casa, le cassettiere in solaio, alcuni miei preferiti sui tavoli in sala, dove tengo chiusi gli scuri per evitare che la luce del sole disturbi i disegni appesi alle pareti. Ecco sul tavolo un piccolo gioiello di Alik Cavaliere, dove ogni pagina è una sorpresa.
Se qualche visitatore mi chiede di vederli, li tolgo dalle custodie con le debite cautele e allora non si apre semplicemente un libro, si apre un universo di parole, di immagini, di pensieri, di fantasia, di invenzioni. Se leggi il colophon scopri quante teste e quante mani hanno lavorato insieme per arrivare al risultato finale, gli autori, l’editore. lo stampatore, gli anonimi compositori dei caratteri.
Baj si dedicava alla realizzazione delle grafiche con maggiore pazienza e riflessione di quanto non facesse quando dipingeva. Passava giornate intere nell’atelier dello stampatore e, quando possibile, con gli amici poeti e scrittori. Il lavoro non lo stancava e tornava a casa sereno e soddisfatto.
Oggi la distanza del tempo mi permette di avere una visione globale delle persone che ho conosciuto insieme a Baj. Erano tutte impegnate molto seriamente nel loro lavoro, nella critica, nella scrittura, nell’invenzione creativa, ma nessuna ha mai dato un segno di pedanteria o di seriosità. Negli incontri, spesso conviviali, c’era sempre un’atmosfera di gioco e leggerezza, riso e fantasia, varietà e movimento, armonia e condivisione.
Questa mostra ha dato ai libri l’occasione di essere in libertà, liberi dagli scaffali e dalle custodie e liberi di mostrarsi a chi da esperto li sappia apprezzare e a chi da novizio impari a conoscerli.
A me ha regalato un fiume di ricordi e nelle anse di questo fluire ne appare uno particolare.
A Parigi andavo con Baj nell’atelier di Michel Cassé dove stavano prendendo forma Les Incongruités monumentales di André Pieyre de Mandiargues. Ero giovane e tutto era nuovo per me, mi affascinavano le grandi pietre litografiche e i mattarelloni con cui venivano stesi i colori. Ci trovavamo nel Marais, il Centre Pompidou era ancora in mente dei e in tutto il quartiere si respirava la sontuosa vecchiezza di Parigi, i palazzi cadenti, gli antri delle concièrges che a qualsiasi ora del giorno e della notte aprivano i portoni manovrando una corda, le Halles straripanti dei colori di frutta e verdura. Lì si aggirava con la borsa della spesa De Mandiargues e sceglieva accuratamente quello che ci avrebbe imbandito la sera. Ci invitava spesso a cena, cucinava per noi con molta raffinatezza e bevevamo del vino squisito che si era premurato di versare fin dal pomeriggio in un ampio bacile per ossigenarlo. Riconosco che mi sentivo intimidita, ma mai spaesata. Da allora tutte le volte che sono tornata a Parigi ho avuto la sensazione di essere tornata a casa.
Circa vent’anni dopo mio figlio Angelo, per migliorare il suo francese, durante le vacanze estive, passò un mese a lavorare da Michel Cassé e di quelle pietre litografiche la memoria non lo abbandonerà mai.
Sempre a proposito delle Incongruités, mi sono presa una licenza, non arbitraria, ma in accordo con i curatori e penso di doverla dichiarare al lettore. Ad alcune litografie erano stati dati i titoli, tratti dai versi nella stessa pagina, ma molte erano rimaste anonime, quasi figlie di un dio minore. Seguendo lo stesso metodo le ho titolate tutte, ed ancora una volta ho riscoperto l’insuperabile esprit de finesse della lingua francese. Credo che André e Enrico approverebbero: entrambi avevano un certo gusto per le contaminazioni e i liberi scambi.
Infine voglio ringraziare tutte le persone che hanno lavorato a questa mostra, e non solo per l’attività svolta, ma anche e soprattutto per avermi elargito stimoli e interessi che alla mia età sono veramente un toccasana.