BAJ
Angelo Crespi
Tra anarchia e 'Patafisica, antagonismo e surrealità, tra gioco e impegno, si è mosso Enrico Baj durante la sua lunga attività d'artista. Ed anche le sue opere seguono questa polutropa predisposizione a cogliere gli aspetti più grotteschi e ironici della società che gli fu contemporanea, quel secondo Novecento così denso di contraddizioni dopo la fine della guerra, sancita tragicamente con lo scoppio della bomba atomica, e i decenni a seguire in cui al consumismo del boom economico faceva da contraltare l'utopia socialista. L'attivismo di Baj non fu però solo politico, bensì eminentemente di tipo artistico, fondando movimenti, in primis la pittura nucleare, partecipandovi (il secondo surrealismo), scrivendo su riviste e giornali, animando gruppi e circoli di intellettuali, aprendosi a collaborazioni e sodalizi internazionali. Anche il suo modo di fare arte si caratterizzò per una felice commistione di generi che riassumevano le intuizioni avanguardistiche di Picasso (il collage e l'assemblaggio) e le tensioni del new dada (la dissacrazione e il concettuale), senza rinunciare a uno stile proprio che lo rese già da subito riconoscibile e inimitabile.
I libri d'artista - esposti negli spazi straordinari della Biblioteca Braidense in una mostra che celebra i cento anni della nascita dell'artista - esemplificando ulteriormente la creatività di Baj che si espresse ai massimi livelli perfino in un genere, a torto, considerato minore come la grafica. E nel quale invece Baj vi ci si applicò con la solita giocosa serietà, con impeto e passione, producendo - spesso con l'ausilio del mitico stampatore Giorgio Upiglio - alcuni piccoli capolavori a partire da quel primo gioiello del De rerum natura, passando per Dames et Généraux, fino al Meccano ou l'analyse matricelle du langage che strinse la collaborazione con Raymond Queneau. Tra tutti il più poetico, il Baj Merini a ricordare l'amicizia con Alda Merini e quei versi a lui dedicati e che ne riassumono il carattere immaginifico con cui affrontò la vita: «Baj, ricorda il tempo della passata avventura | quando il treno che conglobava i poeti | lungo porte di ferro | a perdonare questi spazi orrendi | che tu solo chiamavi fantasia».